La storia di Malonno e della valle Camonica

I camuni

Le più antiche vicende della Terra di Malonno si mescolano con quelle dell'intera Valle Camonica. I cacciatori preistorici che risalivano il corso dell'Oglio, furono i primi a stabilirsi in età neolitica (5000-2500 a.C.) sui costoni e sui pianori delle nostre montagne. Questi primi abitanti voltisi ad una qualche forma di agricoltura e, soprattutto, di allevamento del bestiame, popolarono in piccoli gruppi i terrazzamenti dove ora giacciono, spesso spopolati grappoli di case (Nazio-Moscio-Odecla, Loritto- Calzaferro, Landò-Lezza, Corne- One-Ronco-Miravalle).
Tracce di questi abitatori neolitici sono venute alla luce poco lontano da Miravalle, col ritrovamento di un'ascia in pietra lavorata. Qualche manciata di secoli più avanti ancora la pietra lavorata e incisa testimonia, come in molte altre località camune, il fervore della religiosità pagana: nella zona tra Cornola e l'attuale S. Faustino, su quei ciglioni rocciosi, si officiavano antichi riti all'ombra di un maestoso menhir tra misteriose raffigurazioni rupestri (elementi solo parzialmente conservati). 

Forse solo allora, sul finire del II millennio a.C., il paesaggio cominciò ad assumere contorni abbastanza stabili. Il fondovalle rimaneva impraticabile, regno di paludi e sterpaglie, in balia delle piene dell'Oglio; dai versanti rapidi torrenti continuavano a portare a valle enormi quantità di detriti, sui quali solo più tardi sarebbero nati gli agglomerati di Lava e Malonno (i nomi stessi potrebbero richiamarsi a queste circostanze: Lava da «laiwo» = frana o da «aa» = acqua; Malonno da «mal» = monte e «on» = fiume). Solo a mezza costa era possibile vivere sfruttando i pascoli e la selvaggina: una fitta rete di sentieri percorreva i boschi e univa i diversi villaggi.

Etruschi, Celti e Romani

L'economia autarchica di questa fase venne sfiorata attorno al VI-V sec. a.C. dalla penetrazione in Valle Camonica di commercianti etruschi; rappresentanti di una civiltà all'avanguardia nella lavorazione dei metalli, setacciarono le valli bresciane sviluppando I'estrazione e la lavorazione del ferro; è facile che non sia sfuggita loro la ricchezza mineraria della Terra di Malonno. 

La successiva espansione celtica (V-III sec. a.C.) trovò la Valle in contatto con le grandi arterie commerciali del tempo, ma anche pronta a difendersi dai tentativi di occupazione. 

Roma decise soltanto nel 16 a.C. di sottomettere i Camuni. Costruì ben presto una strada, la Valeriana, di interesse prioritariamente militare, ma utilissima anche per gli scambi commerciali; essa toccava anche il territorio malonnese sul versante sinistro della valle, ma tracce sicure sono emerse solo a Sonico. A Malonno la presenza romana è d'altronde poco documentata: soltanto l'ipotesi di un acquedotto in località Forno, a fronte ad esempio, delle iscrizioni rinvenute a Garda. Il Tardo Impero vide il disfacimento della organizzazione amministrativa e giuridica, l'abbandono del sistema di comunicazioni (strade, ponti, locande, poste), il collasso del commercio e il ritorno ad un sistema economico chiuso con grandi sacche di povertà.

I Monaci

Solo con i Longobardi e i Franchi (VII - VIII sec.) si scorgono segnali di risveglio, in coincidenza con il lento radicarsi del cristianesimo: furono i monasteri a determinare in questo periodo grandi cambiamenti non solo nell'ambito religioso, ma soprattutto nel modo di vivere e nell'economia fino ad allora basata quasi esclusivamente sull'allevamento.
Sul finire del I millennio a Malonno il monastero di S. Faustino di Brescia possedeva delle terre; l'intitolazione ai patroni bresciani della primitiva cappella costruita dai benedettini sul lago (legato a culti pagani) dell'attuale parrocchiale, è rimasta ancor oggi. I monaci introdussero migliorie nell'agricoltura, svilupparono lo sfruttamento degli alberi da frutto, in particolare il castagno, e bonificarono molti terreni acquitrinosi fino ad allora inutilizzati (una traccia potrebbe essere il nome stesso di Malonno se lo si ricollega a «ogna» = ontano, la pianta idrovora per eccellenza).
L'XI sec. vide i monaci defilarsi (restarono dei terreni dipendenti dagli agostiniani del monastero di S. Salvatore alle Tezze di Capo di Ponte) e l'imporsi di strutture autonome locali: da una parte la comunità di villaggio (vicìnia) e dall'altra la parrocchia con sede a Lava, sintomo che quello, e non Malonno, era allora il centro più abitato; la vita religiosa termina così di volgersi verso la pieve di Edolo.

I Feudatari

Ovviamente non mancano i feudatari investiti dal vescovo bresciano e quindi di parte guelfa: a Malonno troviamo un ramo dei Dòmini di Vione (a loro volta legati ai Martinengo): i Magnoni. La lotta per le investiture vede prevalere in Alta Valle il partito ghibellino guidato dai Federici, cui sono legati i Girardi e i Celéri stabilitisi a Malonno tra XIII e XIV sec.
La ricchezza e la potenza di queste casate è testimoniata dalle torri che spiccano nella parte più antica e dal miglioramento del tenore di vita grazie alla rinascita dei commerci che ridà linfa anche allo sfruttamento minerario. Poco importa che con il XV sec. si passi prima sotto il dominio visconteo, poi sotto quello veneziano.

San Carlo, alluvione e peste

Il trend economico positivo si blocca soltanto col '500. È una fase di stanca e di crisi della vita religiosa. Il rinnovamento della Chiesa bresciana vede protagonisti il vescovo Bollani e il cardinal Borromeo. Le loro visite (nel 1565 e 1580) portano anche a Malonno nuovo entusiasmo.
La revisione dell'organizzazione ecclesiale non mancò di creare dissapori; il Borromeo aveva deciso di spostare la sede parrocchiale da Lava all'ormai più popoloso Malonno; ne nacque una lite risolta soltanto nel 1717. Ma al di là di questo, il Seicento propose una comunità viva e intraprendente che seppe superare brillantemente la serie di gravi calamità cui fu sottoposta in breve tempo: nel 1614 un'alluvione seppellì parte dell'abitato di Malonno (come, secondo la tradizione, era già successo nel 1471), seguirono anni di carestia per la presenza di eserciti in zona, ed infine attorno al 1630 il flagello della peste decimò i 1500 abitanti di allora. Comunque, usciti dal tunnel, quegli uomini seppero rinascere: i Celéri ricostruirono il loro palazzo, deviarono e arginarono il rovinoso torrente Franchì; le principali famiglie di ferrattieri, commercianti e possidenti costruirono nuove abitazioni, stalle, carbonili; la comunità volle un nuovo ponte in pietra sull'Oglio, decise di costruire la chiesa di S. Carlo per evitare altre alluvioni, abbellì o ampliò tutte le altre.

Dai Martinengo al Regno d'Italia

Il XVIII sec. si apre con l'esaurirsi della casata dei Celéri, molto più attenta alla gestione dei suoi affari economici che alle vicende politiche valligiane. Vi succedettero per via di matrimonio i Martinengo, con la losca figura di Marc'Antonio. Intanto la popolazione aumenta, ogni contrada rivendica il suo cappellano, mentre si mette mano alla costruzione (1731-1753 ca.) dell'imponente nuova parrocchiale di S. Faustino come punto d'incontro per tutta la comunità, soprattutto in particolari occasioni come la sagra o il triduo dei morti. Tutti segnali di un periodo laborioso e sostanzialmente tranquillo.
Sul finire del secolo anche i Martinengo se ne vanno e il palazzo passa alla ricca famiglia locale dei Corazzina. Col 1797 la Serenissima cede alle armi di Napoleone: i Francesi rivoluzionano l'amministrazione, ma causano anche una fase di recessione economica dalla quale non ci si risolleverà più. L'industria del ferro inizia a perdere colpi, mentre allevamento, agricoltura e commercio collassano di fronte all'aumento degli abitanti, ormai 2000, e la carestia del 1815-17 poté colpire con particolare durezza i ceti più poveri.
Sotto gli Austriaci la ripresa sarà lenta: anche i bambini sono costretti al lavoro e disertano la scuola elementare appena introdotta.

Dal 1859 a oggi

Con l'unità d'Italia incominciò a funzionare anche a Malonno il governo locale (Comune) che dovette affrontare diversi e svariati problemi e tra questi l'opera capillare di alfabetizzazione (scuola elementare) nonché le gravi difficoltà economiche in cui si dibatteva la popolazione, ancora in maggioranza distribuita nelle numerosissime frazioni abbarbicate soprattutto sul versante destro. In quel periodo risultavano abitate ben 24 contrade e gli abitanti assommavano a circa 2.500 (il dato è del 1888). Venuta meno l'attività estrattiva del ferro, la gente si dedicava all'agricoltura di montagna ottenendo magri risultati. «La penuria dei tempi è sentita non poco dai malonnesi (...) e molti ogni anno sono costretti a cercare in estranee terre quel pane che la immiserita patria loro non può più dare». È l'analisi spietata del parroco Don Brescianelli scritta nel 1888 che già prospetta il vistoso fenomeno migratorio che si intensificherà nell'approssimarsi della Prima Guerra Mondiale e diventerà esodo consistente dopo il Secondo Conflitto Mondiale.
Svizzera, Francia, Belgio sono stati gli Stati europei dove maggiormente i malonnesi emigrarono; ma alcune famiglie in cerca di lavoro oltrepassarono gli oceani e trovarono rifugio nell'America del Nord, del Sud ed in Australia

La Grande Guerra (1915-1918) portò a Malonno paura e apprensione per la vicina linea del fronte situata al Tonale, ma fu anche l'occasione per donne e (gli uomini validi erano sotto le armi) di guadagnare qualcosa lavorando per il genio militare che preparava trincee, strade e quanto necessario per resistere al nemico in caso riuscisse a sfondare il fronte al Tonale. Un grande beneficio trasse la rete viaria del comune: infatti in quegli anni di guerra le vie di collegamento con tutte le frazioni, per esigenze militari furono adeguatamente sistemate e resteranno come «patrimonio» al paese. 

Il dopo guerra acuì le difficoltà economiche delle famiglie con una dilagante disoccupazione, combattuta con le poche risorse dell'Amministrazione comunale che cercava di realizzare interventi pubblici (strade - acquedotti ecc.) impiegando manodopera locale. Il periodo fascista passò senza particolari novità, salvo l'aggancio occupazionale costituito dall'avvio dell'attività produttiva dello stabilimento di Forno Allione. Un salvagente importante che terrà a galla numerose famiglie di Malonno per molti decenni. 

L'avvento della repubblica non portò immediatamente ai malonnesi il sospirato sviluppo socio-economico e molti «fecero le valigie» verso nazioni che offrivano almeno il posto di lavoro. L'amministrazione pubblica timidamente incominciò a risolvere alcuni problemi strutturali realizzando edifici scolastici, strade, acquedotti ecc. Verso gli Anni Sessanta prese avvio il boom edilizio che gradualmente cambiò volto al paese. La popolazione scendeva al fondo-valle e riempiva gli «spazi liberi» collocati al di sotto del centro storico di Malonno e contestualmente molte frazioni si spopolavano. E siamo ai nostri giorni con nuovi problemi da affrontare, ma sicuramente senza l'assillo della sopravvivenza.

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Ultimo aggiornamento
18 giugno 2021